Nell’esprimere le mie congratulazioni ai neo Sindaci (Francesco Monica a Castelnovo Sotto, Fabio Testi a Correggio, Carlo Fiumicino a Brescello e Franco Palù a San Polo), mi preme evidenziare un dato desolante che porta a un risultato negativo per tutti i partiti, dal centrosinistra al centrodestra: l’altissima astensione.
La media dei cittadini che si sono recati alle urne in una giornata uggiosa nei quattro comuni reggiani è stata del 51,2%. L’affluenza maggiore a Correggio (59,50%), mentre quella minore a Castelnovo Sotto (40.7%).C’è chi esulta fra brindisi e festeggiamenti. Qualcuno si lecca le ferite, esprimendo comunque soddisfazione per un risultato “dignitoso”.
A mio avviso non c’è nulla da festeggiare.
Continua la parabola di sfiducia dei cittadini iniziata da anni nei confronti della politica. Le urne sono diventate un appuntamento fastidioso, perchè, per chi ci credeva e ora nutre profonda delusione, comportano una scelta amara, quella appunto di non partecipare.
Eppure la nostra Costituzione Italiana nell’art. 48 sancisce che “….Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. E prima ancora, all’art 1: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Il popolo è dunque chiamato a eleggere i propri rappresentanti delegati a esercitare il potere legislativo, a esercitare un dovere civico, sebbene né la Costituzione, né le leggi elettorali prevedano particolari sanzioni per l’inosservanza di tale dovere.
E’ il singolo cittadino che decide e sceglie se esercitare o meno quel diritto-dovere civico.
Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini al raggiungimento della maggiore età tutti i cittadini di un Paese, indipendentemente da reddito, genere, etnia, orientamento sessuale, ecc., possono esercitare il diritto al voto e grazie a cui tutti i voti hanno lo stesso peso. Gli unici cittadini non ammessi a votare sono quelli che non hanno raggiunto la maggiore età, stabilita dalla legge in ogni Paese.
L’Italia non è stata tra i pionieri del suffragio. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, fu scelto infatti un sistema censitario che, oltre a escludere le donne, richiedeva un reddito molto elevato per poter votare, tanto che gli elettori erano solo il 2,2% della popolazione. Una riforma del1882 abbassò la soglia di reddito e ammise al voto chiunque avesse frequentato le scuole elementari, facendo aumentare la quota di cittadini elettori al 6,9% della popolazione.
Il suffragio universale maschile fu introdotto solo nel1912 e applicato per la prima volta nel 1913, ma prevedeva ancora alcuni limiti: chi era analfabeta, infatti, poteva votare solo dopo aver compiuto 30 anni, mentre per gli altri la maggiore età era a 21 anni. Per gli uomini questi limiti furono superati per la prima volta solo alle elezioni del 1919. Il suffragio femminile, invece, fu introdotto con una legge del 1945 e le donne votarono per la prima volta solo nel 1946.
Dal 1948 al 1983 si recavano a votare alle elezioni mediamente il 90% degli italiani aventi diritto al voto. Una percentuale andata via via diminuendo fino a raggiungere oggi il 50% scarso.
Sarà una coincidenza, ma quando i cittadini -da destra a sinistra- partecipavano attivamente alla vita della res publica, a partire dall’esercizio del diritto di voto, il nostro Paese era più forte e autorevole.
Oggi un 50% dei cittadini non fa nemmeno 100 metri per recarsi ai seggi. Non ci crede più. E’ una parte di popolazione importante, che viene totalmente ignorata da chi oggi festeggia.
E’ recuperabile il popolo dell’astensione? Credo di sì. Ci vuole però coraggio, coerenza, passione politica e voglia di rimettersi al servizio (vero, non di puro marketing) dei cittadini.
Marina Bortolani