Da alcuni giorni l’interesse dell’opinione pubblica è rivolto alla questione Bibbiano, tenuto conto della pronuncia di primo grado del Tribunale di Reggio Emilia.
Va respinta una lettura che vorrebbe la comunità diocesana disinteressata ai diversi aspetti che il processo ha sollevato; non da ora i temi dell’accoglienza delle famiglie in difficoltà e della tutela dei minori hanno trovato sensibile attenzione.
Da ultimo nella vicenda Bibbiano la diocesi era già intervenuta con queste parole:
In relazione alla calendarizzata Messa del 25 giugno 2025 presso la chiesa del Sacro Cuore alla Baragalla, la Diocesi precisa che il significato e il senso di questa celebrazione deve essere l’occasione per invocare, in tutte le vicende giudiziarie prossime e lontane, equilibrio nei giudizi e pacificazione sociale (24 giugno 2025).
Vi è stato poi il successivo messaggio dell’Arcivescovo:
Carissimi fratelli e sorelle, come già espresso nella nota della curia di ieri (24 giugno n.d.r.), desidero ulteriormente precisare che il senso più vero e profondo della prevista celebrazione eucaristica era quello di pregare!
La preghiera della Chiesa non esclude mai nessuno, anzi tende, come ci ha insegnato il Signore, ad abbracciare ogni uomo e ogni creatura. Desideriamo pregare per tutti, le famiglie coinvolte, i bambini, coloro che hanno subito torti e abusi, gli imputati, come del resto dovrebbe essere sempre in ogni procedimento giudiziario di qualsiasi genere.
Uniti nella preghiera.
Alla luce del pronunciamento di primo grado, depurando il momento emotivo, la Diocesi sente la necessità di confermare la vicinanza a tutti gli operatori della giustizia attraverso la preghiera e il ricordo partecipe in una funzione così importante per la convivenza. Sul punto va ricordato l’insegnamento di un grande giurista: «Il mio primo compito ossessivo è cercare la verità. Ci riesca o no, questo è un rischio-uomo: c’è in tutte le operazioni umane (Piero Pajardi, 1926-2004).
Quando si entra in un’aula di giustizia va posta attenzione alla sofferenza che lì si vive, specie quella delle parti private.
Questa è l’occasione per rifiutare gli schieramenti; è il momento della vicinanza, delle parole utili, del rispetto del dolore che si è riversato a torrenti da diverse parti.
Additiamo positivamente il silenzio laborioso di quanti operano per aiutare le famiglie e sostenerle nella quotidianità economica ed educativa; il nostro territorio ha offerto prove rilevanti dal dopoguerra ad oggi.
Basti qui ricordare la Caritas diocesana, le Case della Carità, le istituzioni scolastiche di ispirazione cristiana, le occasioni di sostegno alle famiglie durante i periodi estivi.
Ciò è nato e si alimenta ascoltando la realtà in cui la comunità cristiana è inserita.
Lo ha ricordato Papa Leone: “Negli Atti degli Apostoli, in particolare, si narra di come la comunità delle origini ha affrontato la sfida dell’apertura al mondo pagano nell’annuncio del Vangelo. Non è stato un processo facile: ha richiesto tanta pazienza e ascolto reciproco; ciò è avvenuto anzitutto all’interno della comunità di Antiochia, dove i fratelli, dialogando – anche discutendo – sono arrivati a definire insieme la questione. Poi però Paolo e Barnaba sono saliti a Gerusalemme. Non hanno deciso per conto loro: hanno cercato la comunione con la Chiesa madre e vi si sono recati con umiltà. Lì hanno trovato, ad ascoltarli, Pietro e gli Apostoli. Si è così intavolato il dialogo che finalmente ha portato alla giusta decisione: riconoscendo e considerando la fatica dei neofiti, si è concordato di non imporre loro pesi eccessivi, ma di limitarsi a chiedere l’essenziale (cfr At 15,28-29). Così quello che poteva sembrare un problema è divenuto per tutti un’occasione per riflettere e per crescere.” (San Giovanni in Laterano, 25 maggio 2025).