Nel 2000, a Camp David, Bill Clinton mise attorno allo stesso tavolo Ehud Barak e Yasser Arafat. L’offerta era chiara: uno Stato palestinese su oltre il 96% della Cisgiordania, tutta Gaza ed Est Gerusalemme come capitale. Non è propaganda israeliana: fu Clinton stesso a dire pubblicamente “Ho offerto ad Arafat uno Stato palestinese. Lui lo ha rifiutato.”
Il mondo era pronto a riconoscere la nascita della Palestina. Israele disse sì. La leadership palestinese disse no. E ciò che arrivò al posto della pace fu la Seconda Intifada: attentati suicidi, autobus saltati in aria, caffè massacrati, oltre 1000 israeliani assassinati.
Poi nel 2008 Ehud Olmert propose ad Abu Mazen un accordo ancora più generoso, con scambi di territorio per compensare gli insediamenti. Anche allora Abbas si alzò dal tavolo.
La verità è semplice: non è Israele ad aver negato uno Stato ai palestinesi. Sono i leader palestinesi ad averlo rifiutato, più volte, incapaci di accettare una realtà fondamentale: il diritto di Israele a esistere come Stato ebraico.
Ogni volta che la pace è stata davvero a portata di mano, la scelta è stata la violenza. E ogni volta a pagare sono stati i palestinesi stessi.
Lo slogan dice che Israele ha negato la statualità.
I fatti dicono che la leadership palestinese ha negato uno Stato al proprio popolo, perché non riesce a pronunciare tre semplici parole: “Accettiamo Israele”.
Massimiliano Ultimo



