Nei giorni scorsi una persona cara mi ha offerto l’acqua d’orcio. Subito ho sgranato gli occhi pensando all’orcio-vaso di terracotta, poi con diffidenza, ma anche molta curiosità, ho sorseggiato una bevanda dal colore simile al caffè d’orzo.
Non nascondo la piacevolissima sorpresa: io, reggiana “doc” dal cuore granata, non conoscevo questa tipicità del mio territorio.
Avendo compreso, da un rapido sondaggio, che non sono l’unica, ho voluto condividere con i lettori di Reggio Focus questa piacevole news, consigliandola ai reggiani (e non solo).
L’acqua d’orcio è una bevanda tipica reggiana al gusto di liquirizia e anice, che un tempo veniva distribuita nei bar del centro storico di Reggio Emilia.
Si trattava di una bevanda dissetante particolarmente richiesta quando ghiaccioli, granatine e gelati erano un lusso riservato a pochi.
All’interno del sito web della Regione Emilia Romagna, nella sezione “Prodotti Dop, Igp e produzioni di qualità” compare la descrizione nel dettaglio dell’acqua d’orcio, “Una bevanda a base d’acqua nella quale si mettevano in infusione radici di liquirizia.
Più precisamente gli ingredienti sono: radici di liquirizia, semi di finocchio, buccia di arancia, acqua.
Il territorio interessato alla produzione è da considerarsi storicamente il centro della città di Reggio Emilia.
Per la produzione dell’acqua d’orcio è necessario prima macerare in abbondante acqua le radici di liquirizia, successivamente si fa bollire il tutto, con l’estratto di liquirizia ed eventualmente semi di finocchio, anice e la buccia di arancia. Dopo lunghissima bollitura (anche fino a 24 ore) bisogna fare raffreddare e poi filtrare. Il prodotto ottenuto si allunga con acqua in proporzione uno a dieci.
Bevuta fredda è un ottimo dissetante.
Interessante la storia: fin dal Rinascimento a Reggio Emilia si diffuse l’uso dell’acqua d’orcio, bevanda aromatizzata alla liquirizia e anice che veniva versata nelle botteghe del centro come “servizio” per i clienti nelle torride giornate. Probabile la derivazione toscana, terra con la quale Reggio aveva fino dal Medioevo importanti contatti commerciali. L’usanza appresa dai mercanti toscani prevedeva di accattivarsi la clientela offrendo nel proprio negozio, gratis, acqua nella quale erano posti in infusione erbe, contenuta in un orcio, da lì acqua d’orcio o d’orzo. Presto si capì che la bevanda migliore era ottenuta con l’infusione di liquirizia che procurava effetti rinfrescanti e tonici.
Marina Bortolani