Torrente Enza

Richiamandomi al primo Convegno sul tema, a livello prettamente scientifico, indetto dal LIONS CLUB REGGIO EMILIA HOST il 28 maggio 2022 presso L’Università degli Studi di Unimore che metteva in inequivocabile evidenza l’attualità e la validità dell’idea di realizzare un invaso sul fiume Enza ad uso plurimo, credo, dopo un anno e mezzo di dibattiti svolti a diversi livelli in un momento in cui la criticità del nostro territorio si è manifestata in tutta la sua gravità, valga la pena di fare alcune riflessioni basando le stesse sulle risultanze scientifiche di quel Convegno che, ahimè, i fatti poi intervenuti hanno convalidato in modo ineluttabile.

La parte scientifica del Convegno all’epoca aveva infatti preconizzato la necessità e l’utilità di tale opera nonché la sua economicità ottimale, se indirizzata ad immagazzinare ogni anno almeno 100 milioni di mc/di acqua da destinare in ragione di 55 milioni ad uso irriguo, 43 milioni ad usi civili, 2 milioni ad usi industriali.

A margine, da parte di alcuni relatori fra cui il sottoscritto, si rilevava, alla luce delle lontane esperienze dell’inondazione dei comuni rivieraschi della nostra provincia, avvenuta nel corso dei primi anni cinquanta del secolo scorso e, recentemente, a Lentigione, l’ulteriore necessità di utilizzare l’invaso per laminare le piene di grande rilevanza che già incominciavano a delinearsi sull’orizzonte meteorologico, mettendo a disposizione una ulteriore capacità di laminazione pari a 30 milioni di mc/ di acqua.

Cosicché il bacino avrebbe dovuto avere una capacità complessiva di immagazzinamento annuo di 130 milioni di mc., di cui 30 per sole emergenze meteorologiche, a fronte dei 300/350 milioni di acqua defluente normalmente dal corrispondente bacino imbrifero.

Ovvio che, con tale capacità d’invaso, sarebbe stato estremamente conveniente utilizzare le masse d’acqua, defluenti a vario titolo, per produrre anche energia elettrica che, ai costi correnti, potrebbe consentire di ammortizzare l’opera in un arco temporale eccezionalmente breve, per non parlare poi dei benefici indiretti come disporre per l’irrigazione di acqua pulitissima e non altamente inquinata, quale quella ora attinta dal PO, come disporre, per alimentare gli acquedotti, di acqua pulitissima in grande quantità così da evitare l’attingimento a falde sempre più profonde e sempre più ricche di sostanze inquinanti, come ci insegna l’attuale situazione idrica della vicina Parma, senza poi neppure dimenticare i benefici turistico-ambientali che tale opera determinerebbe.

A fronte di tanti benefici, gli immancabili detrattori dell’invaso che, all’epoca, proponevano, ai fini irrigui, sia il mantenimento dello status quo, ricorrendo solamente ad una più accurata impermeabilizzazione dei canali irrigui col fine di limitarne le perdite, sia la costruzione di laghetti poderali di modesta capacità, tali da garantire comunque il solo abbeveraggio del bestiame, e, ai fini della laminazione, il ricorso unicamente alle casse di espansione.

Solamente dopo gli eventi drammatici di quest’anno, legati ad un inequivocabile cambiamento climatico, che certamente si aggraverà nel futuro, qualcuno di questi detrattori si è accorto che non era più il caso di insistere su tali proposte alternative, assolutamente scorrette sul piano scientifico, come il Convegno aveva dimostrato.

Del resto, con l’esperienza vissuta pure nel corso di quest’anno, ciascuno di noi può valutare con la massima obiettività se le alluvioni avvenute in Romagna o in Toscana sarebbero state possibili se in tali zone vi fossero stati adeguati bacini di laminazione: la risposta, una per tutte, nel perché Firenze non è stata allagata se non grazie all’azione protettiva della Diga del Bilancino!

Ovvio che di fronte a tale evidenza i detrattori delle dighe hanno dovuto cedere anche se, per non perdere la faccia, hanno cercato di arroccarsi solamente sul piano della laminazione delle piene, aderendo, così almeno parrebbe, alla costruzione di una diga di soli 40 milioni di mc. pur di non ammettere, come sarebbe stato onesto fare, che quanto da loro sostenuto era privo di qualsivoglia validità scientifica e di rispondenza oggettiva di fronte ad una situazione climatica in preoccupante palese evoluzione.

A questo punto il ragionamento scientifico, convalidato in modo chiaro ed inoppugnabile nei suoi vari aspetti, non può che chiedersi, ponendosi sul piano politico, il perché dell’adesione della Giunta Regionale a tale scelta, palesemente insufficiente a coprire tutte le necessità del territorio ed economicamente del tutto impropria in termini di costi/benefici.

E’ molto probabile che siano intervenuti ancora volta quegli aspetti di normale condizionamento all’interno delle forze di maggioranza dove, molto spesso, piccole componenti riescono ad incidere con le proprie ideologie su grandi temi che un sano pragmatismo potrebbe invece indurre a risolvere diversamente.

Si auspica che questo pericolo, peraltro inevitabile nel sistema democratico, in questo caso possa venire evitato stante una posta in gioco che riguarda un orizzonte molto ampio che va dalla difesa della vita, nei suoi vari aspetti, alla difesa di una economia che, nel mantenimento dell’attuale regime irriguo, vede la sua sopravvivenza, sperando che finalmente si decida di fare ciò che è assolutamente necessario, poiché piuttosto che una realizzazione inadeguata dell’invaso sarebbe meglio non fare nulla rinviando la scelta corretta al momento in cui, volenti o nolenti, tutti si dovranno convincere ragionando su basi di scientificità, anche se ciò, purtroppo, potrebbe comportare dei rischi enormi.

Dicembre 2023

Ing. Alessandro Spallanzani