Il Dott. Roberto con l'Avv. Marina Bortolani il 14.06.2023 al convegno in città "Aemilia, l'inizio o la fine?"

Se n’è andato il Magistrato Roberto Pennisi, già sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ha dedicato l’intera vita nella lotta alla mafia, con coraggio e con la schiena dritta. Siciliano d’origine, viveva da anni a Montecatini. Il suo cuore ha cessato di battere a 73 anni, a seguito dell’aggravarsi improvviso della leucemia che l’aveva colpito circa quattro anni fa.

Roberto Pennisi iniziò la carriera nella sua Sicilia, a Siracusa, dove lavorò come magistrato per otto anni, prima di approdare a Firenze fino al 1991 e successivamente alla Procura di Reggio Calabria. Dopo un passaggio nuovamente in Toscana presso la Procura di Livorno dal 2004 al 2006, svolse a Bologna dal 2011 e 2013 la funzione di magistrato applicato dell’inchiesta Aemilia sul radicamento della ‘Ndrangheta nel territorio emiliano.
Firmò la storica inchiesta “Olimpia”, che ricostruì le guerre di mafia in Calabria, i collegamenti tra la ’ndrangheta e le altre organizzazioni mafiose, nonché i rapporti con il mondo dell’imprenditoria e della politica. L’inchiesta portò a oltre 500 indagati, più di 300 arresti e oltre 100 ergastoli.
Terminò la brillante carriera a Roma dal 2006 al 2022 alla Direzione Nazionale Antimafia, dopo aver mandato all’ergastolo più mafiosi di ogni altro magistrato italiano.

Un uomo di Stato dal rigore morale e profondo senso di umanità, di quelli che purtroppo non esistono più.

Da sinistra: Avv. erica Romani, Dott. Roberto Pennisi, Avv. Marina Bortolani

Con lui se ne va anche un amico, una persona grazie alla quale in questi anni di pieno ritorno alla professione forense, attingevo preziosi insegnamenti giuridici e valoriali.

La nostra amicizia si consolidò in particolare quando trascorremmo del tempo a Reggio Emilia insieme alla Collega Avv. Erica Romani, per l’organizzazione dell’evento in collaborazione con l’Associazione Costituzione Civica presso l’hotel Posta il 14 giugno 2023 dal titolo “Aemilia: l’inizio o la fine?.

In quell’occasione Pennisi desiderò chiarire quanto riportato da una testata giornalistica nazionale circa le indagini che fece nel reggiano: dichiarazioni fraintese che crearono scandalo nazionale e locale poiché emergeva -erroneamente- che le indagini di Pennisi sullo sviluppo della criminalità organizzata in Emilia furono interrotte dal coinvolgimento della politica. “Sono stato frainteso -disse-, nessuno mi impedì mai di indagare”. “Piuttosto, una delle cose più vergognose che ho visto durante le indagini di Aemilia fu la contestazione al Prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro: non tutta la politica si affiancò a lei” (ndr, una delegazione di amministratori si recò a suo tempo di persona dal Prefetto De Miro esprimendo perplessità per ciò che venivano considerate eccessive attenzioni nei confronti di certi lavoratori del settore edile originari della Calabria e di Cutro). “Quando qualcuno si schiera contro la mafia va affiancato anche se tocca gli interessi degli amici, perché la difesa della legalità avvantaggia tutti”.

Così era Pennisi, senza se e senza ma, senza esitazioni né compromessi di alcun tipo, perché “solo così si combatte la Mafia” diceva, sul nascere, evitando anche quei comportamenti ambigui e scivolosi di chi, facendosi scudo di un ruolo politico e/o istituzionale si sentiva in diritto di dialogare e andare a cena con chiunque.

Il Dott. Pennisi aveva ancora tantissimo da dare. Per questo motivo ero riuscita a convincerlo a impegnarsi nel reggiano per tenere incontri presso le scuole finalizzati a sensibilizzare i giovani contro la criminalità organizzata.

Fra le passioni private, la moto e l’arte, non a caso in molti suoi stati di whatsapp riportava messaggi di scrittori e immagini di affreschi e sculture. Una mi colpì particolarmente, riguardava una sirena dipinta su un sasso. Lo chiamai, perché ero molto curiosa. Mi spiegò il significato e mi trasmise un altro prezioso insegnamento sull’amore puro, invitandomi a leggere il racconto “Lighea” (Sirena) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa di cui ignoravo l’esistenza. Acquistai immediatamente il testo e divorai la lettura di quel racconto dallo stile narrativo al confine tra realismo e fantasia. Un racconto in cui la contaminazione della fantasia fa sì che verità e mito si compenetrino pienamente.
Questo era Pennisi: un eclettico dalla sconfinata cultura, un autorevole e coraggioso Magistrato, un uomo di Stato, un combattente, un romantico, un amico”.

Avv. Marina Bortolani