La solennità di San Prospero, patrono della città e della diocesi, è l’occasione privilegiata per il vescovo per rivolgere un articolato discorso sulla stato della comunità a lui affidata.
Lo ha fatto, anche senza sconti, l’arcivescovo Giacomo nell’omelia del solenne pontificale presieduto nella basilica del patrono la mattina del 24 novembre a cui hanno partecipato le autorità civili e militari con i gonfaloni di Comune e Provincia.
Innanzitutto ha ricordato che San Prospero – che è effigiato sul gonfalone comunale – ha rappresentato una pietra miliare dell’annuncio del Vangelo nella nostra terra: l’identità cristiana connota la comunità reggiana, non solo quella ecclesiale, ma quella civile e sociale, Non si può dimenticare tale dato: proprio il ribadire la propria identità è condizione indispensabile per l’incontro con altre culture e religioni.
Reggio vanta una lunga tradizione di accoglienza, ma non si possono impoverire le nostre tradizioni, pur nel rispetto di chi arriva: occorre una “sana gelosia” per i simboli cristiani che hanno costruito la nostra comunità. E al riguardo ha accennato all’ormai prossima festa del Natale, che si celebra da duemila anni, raccomandando che non manchi il Presepe introdotto da San Francesco – patrono d’Italia e tessitore di pace; “celebrando il Natale, non dimentichiamo il Festeggiato” ha raccomandato mons. Morandi”, sottolineando l’impegno dei docenti nel campo educativo.
L’attenzione dell’Arcivescovo si è poi appuntata sulla situazione economica e sociale; è vero che Reggio è nella top ten delle classifiche per il benessere, ma il XIII rapporto sulla coesione sociale ha evidenziato dati estremamente allarmanti per quanto riguarda l’aumento esponenziale del disagio giovanile e del numero dei bambini presi in carico dalla neuropsichiatria infantile. Crollo della natalità, inverno demografico, situazione spesso drammatica di tanti giovani, non possono non preoccupare l’arcivescovo che ha sottolineato la necessità di mettere in campo tutte le risorse per affrontare tale situazione. Cosa tormenta giovani e bambini?
Mons. Morandi ha richiamato la nota pastorale “Una Chiesa che guarda al futuro” dei vescovi emiliano-romagnoli del 21 gennaio 1986, che già 40 anni or sono segnalavano profondi sintomi di stanchezza e mancanza di obiettivi in una società ormai consumistica ed edonistica.
Tale malessere deve portare i credenti ad una approfondito esame di coscienza: le comunità cristiane sono luoghi in cui i giovani possono cogliere la speranza? Il benessere è sinonimo di salvezza? Si possono eludere le domande di senso? Cosa dà forza per affrontare le difficoltà? Perché amare il prossimo? Quale significato dare a malattia, dolore, morte?
Non si può mortificare la domanda di trascendenza che agita il cuore di ogni persona. Il disagio profondo che colpisce tanti, soprattutto i giovani, è forse l’esito tragico dell'”eclissi di Dio”?
Certamente interrogativi e situazioni – come la crisi della famiglia – che potrebbero indurre al pessimismo, ma l’arcivescovo Giacomo ha concluso l’omelia nella prospettiva della speranza del Giubileo ripetendo più volte la parola “gioia”, che non è il piacere, ma la consapevolezza di essere amati da Dio che è padre pietoso e misericordioso. Non bisogna lasciarsi scoraggiare, occorre aiutare i giovani a percepire la bellezza, il fascino di una vita vissuta nel dono di sé, al servizio degli altri.
E come sigillo ha messo la notissima frase di Sant’Agostino: “Signore, ci hai fatto per te, e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”.
Giuseppe Adriano Rossi


