A un anno dall’insediamento, il sindaco Marco Massari stila un bilancio della sua esperienza definendola “arricchente e molto stancante”, ma la città, quella reale, vissuta ogni giorno da cittadini e imprese, racconta un’altra storia. Dietro ai toni misurati e le rassicurazioni istituzionali, restano problemi irrisolti e interventi che hanno più il sapore di palliativi ideologici che di risposte strutturate e coraggiose.

Sul caso del Polo della Moda, l’amministrazione ha mostrato tutta la sua fragilità politica e istituzionale. La ritirata della famiglia Maramotti non è solo un “altro percorso scelto dalla proprietà”, come il sindaco cerca di far credere. È il segno tangibile di un rapporto compromesso e di una gestione pubblica incapace di costruire fiducia e garantire certezze.

Un progetto strategico, sostenuto da unanime voto in Consiglio, è naufragato dopo mesi di annunci e tensioni. Dire oggi che “noi il progetto lo abbiamo approvato” non cancella la responsabilità di un’amministrazione inadeguata e impreparata a gestire partite complesse.

Sulla sicurezza e sul tema degli immigrati irregolari il quadro è ancora più preoccupante. Il sindaco rivendica l’arrivo dell’Esercito alla Stazione storica, l’istituzione della zona rossa, gli street tutor, ma i dati confermano un semplice spostamento del problema su Via Emilia Ospizio, la Polveriera, zone dove il disagio cresce senza vere contromisure.

E il nodo centrale resta il sistema di accoglienza, incapace di integrare, incapace di regolare. Affermare che “non dipende da noi” è una deresponsabilizzazione inaccettabile per un sindaco.

Rigettare l’ipotesi di un commissariamento politico del sindaco con un’alzata di spalle non basta. La realtà racconta altro: verifiche periodiche da parte della maggioranza, una ulteriore figura inserita nello staff con un ruolo “tecnico” che, invece, di fatto, è squisitamente politico.

Non basta dire che “il rapporto con il PD è buono” per dissolvere il dubbio che il sindaco stia operando con margini sempre più ristretti, che vi sia un controllo crescente da parte dei partiti e una fiducia già logorata, persino dentro la sua stessa coalizione.

Sul rilancio del centro storico si parla di bandi, progetti e nuove idee, ma la realtà è fatta di saracinesche abbassate, attività che faticano a sopravvivere, degrado che avanza. Il riferimento alla “fine del commercio tradizionale” suona come una resa preventiva. Non bastano festival estivi o task force con buoni propositi. Servono visione e interventi strutturali.

Anche sul traffico e sulla mobilità urbana l’amministrazione si rifugia in promesse lontane, la tramvia, le tangenziali, che sembrano più slogan che piani concreti. Il sindaco parla di scelte difficili tra welfare e manutenzioni.

Ma non è accettabile che una città come Reggio venga costantemente costretta a rincorrere emergenze. I fondi sono limitati, certo, ma è proprio nei momenti complessi che servono priorità chiare, programmazione, coraggio. Dopo solo un anno, i nodi vengono al pettine. Le crepe non sono frutto di propaganda, ma il riflesso diretto di una gestione che arranca. Per questo, più che difese d’ufficio o bilanci autoreferenziali, servirebbero gesti di umiltà e di responsabilità.

Che il sindaco ammetta gli errori commessi in questo anno di governo e si impegni a fare di meglio mettendo davvero in atto quel progetto di discontinuità rispetto alle amministrazioni precedenti sbandierato per tutta la durata della campagna elettorale, poi clamorosamente disatteso.

Il che non sarebbe una sconfitta, ma un atto di serietà verso una città che merita molto di più. Di più in termini di ascolto, di concretezza, di visione. Di più rispetto a una politica soltanto alla ricerca di applausi occasionali.

Avv. Matteo Marchesini 

Avv. Giovanni Tarquini 

Avv. Carmine Migale 

Lista Civica per Reggio Emilia 

Associazione Reggio Civica