In relazione al dibattito di questi giorni, una nostra riflessione sulla mobilità cittadina e le priorità da considerare perché sia davvero democratica e sostenibile

1) Prima i più deboli. Persone anziane, disabili, bambini e/o persone in difficoltà economica non le aiuti a spostarsi aggiungendo strade, svincoli e colate di asfalto varie ma neppure con bici più o meno elettriche, monopattini, skateboard volanti e altre soluzioni immaginifiche con dentro la parola “sharing”. Pensate di trovarvi in uscita dal Pronto Soccorso alle 3 di notte con il taxi come unica opzione praticabile e per nulla economica per tornare a casa: ecco, per cominciare, la mobilità non è una fantasia da pubblicitari ma un diritto che serve anche a renderne concreti altri.

2) Deboli lo siamo tutti nel momento in cui ci ammaliamo, ci infortuniamo, invecchiamo o anche solo dobbiamo occuparci di qualcuno che lo è. Non solo: siamo tutti deboli nei confronti di un inquinamento atroce e di un clima via via più violento, che in un territorio cementificato come il nostro trova letteralmente la strada spianata per fare sfracelli in termini di caldo estremo ed allagamenti. Ogni centimetro di asfalto e cemento che aggiungiamo con l’illusione di risparmiare tempo ci accorcia letteralmente la vita.

3) Smettiamo di crederci diversi dal resto del mondo: aggiungere infrastrutture pensando di risolvere il problema del traffico finisce per ottenere l’effetto esattamente contrario e spingerci più a fondo nel vicolo cieco della dipendenza dalla mobilità privata, con tutte le ricadute negative del caso in termini di cura del territorio, sicurezza e disuguaglianza sociale, nonché con spese sempre crescenti di manutenzione destinate a gravare sui bilanci futuri. Questo non ce lo dice qualche teoria bislacca, ma l’esperienza sul campo di chi ha cominciato decenni prima di noi a scendere lungo questa china (citiamo ad esempio Houston, ormai un caso di scuola).

4) Automobilisti, motociclisti, camionisti, ciclisti, pedoni, ambiente e territorio hanno un amico comune e spesso non lo sanno: del resto non è facile incontrarlo dalle nostre parti. Si chiama Trasporto Pubblico ed è la via maestra per:

  • garantire il diritto alla mobilità e permettere un risparmio alle famiglie
  • ridurre il traffico, con ricadute positive su tempi di percorrenza, sicurezza e costi di manutenzione delle infrastrutture
  • migliorare la qualità dell’aria e permettere di invertire la rotta sulla decennale aggressione al territorio
  • rendere più fruibili forme virtuose di mobilità privata come la bicicletta, portando ad ulteriori benefici su traffico e ambiente

5) Il trasporto pubblico, quello privato e la vita in generale funzionano meglio quando l’urbanistica è pianificata in funzione delle persone e non delle macchine. Anche questa non è una fantasia campata in aria ma una constatazione basata sull’esperienza di chi ha saputo fare meglio. Sappiamo che non è realistico pensare di trasformare dall’oggi al domani una città come la nostra in una specie di Groningen o Mancasale in un superblock di Barcellona, tuttavia sapere dove si può arrivare invertendo la rotta è un passo necessario.

Il resto, non ce ne vogliate, ma è fuffa.

Potere al Popolo Reggio Emilia e Provincia