Nonostante la giornata uggiosa c’era un pubblico entusiasta ieri alla presentazione del volume “Mi hai rotto il cactus” di Sergio Rabitti (curato da Dana Bertani) che si è svolta nei Chiostri di San Pietro. L’artista eclettico e geniale nelle sue educate provocazioni ha incantato i presenti che al termine hanno chiesto un bis dell’iniziativa in vista della prossima estate.
Rabitti si è raccontato a tutto campo incalzato da Marina Bortolani e dal pubblico, illustrando ciò che lo porta a dipingere e scegliere determinati soggetti.

Sergio Rabitti

La pittura di Sergio è il risultato di una precisa scelta artistica di chi, nel tempo, ha privilegiato la sostanza. I suoi temi ispirativi sono diversi, eterogenici, quasi sempre spiazzanti, anarchici, privi di volgarità ed educatamente provocatori. Tutti espressi con un sorriso e un’ironia ingenua che tende a stupire e che è la chiave per entrare nel magico -ma al tempo stesso molto reale- mondo di Sergio.

“Appena andato in pensione, visto che non sapevo giocare a carte e non ne avevo nemmeno voglia, ho iniziato a dipingere”, ha spiegato Rabitti, raccontando di una fase della sua vita che ama e che l’ha riportato giovane nello spirito e nel vivere quotidiano.

“Mi hai rotto il cactus” è un è chiaro nel messaggio che trasmette “tantissimi usano quell’espressione, ovviamente con un altro termine, e io ho voluto rendere reali oggetti e modi dire che non sono di interesse di altri artisti, ma che sono sempre attualissimi e fanno parte dei vivere quotidiano. Ecco quindi il perchè anche di un quadro con una pioggia di water, o un sacco con la scritta “Siete tutti un sacco di merda, stronzi e puzzolenti” o quadri con mani con il dito medio alzato e a margine al scritta “Un delicato Vaff…”.
Nel secondo volume di Rabitti ci sono inoltre sezioni dedicate agli animali, a personaggi reggiani, ad affascinanti donne e all’amore “che fa parte di ogni cosa, guai se nella vita non esistesse l’amore” specifica Rabitti.

Infine la vagina: una sezione di quadri raffiguranti l’organo femminile dal titolo “Io non esco”. E dentro ad uno di essi vi è proprio il Rabitti che guarda il mondo esterno e alla domanda dell’intervistatrice spiega: “La donna è al centro di tutto, con la mamma si sta bene, ci si sente rassicurati fin dal grembo materno…si sta talmente bene, che, sapendo tutto quello che succede nel mondo, non viene certo voglia di uscire da lì”.

Creativo e geniale anche nella profondità dei suoi quadri, mai volgari. Gli occhi di Rabitti, spesso sorridenti e sornioni simili a quelli del gatto di “Alice nel paese delle meraviglie”, colgono quelle sfumature quei paradossi che noi troppo presi dalla necessità del fare, del lavorare, del brigare ed anche dell’apparire, non abbiamo più la voglia, la capacità del cogliere.
Sergio attraverso la sua pittura non ha paura di essere se stesso e non teme di mostrarti per quello che è; un benevolo folletto conscio che la capacità di stupirsi, di fantasticare, di meravigliarsi sia probabilmente la chiave più sicura per aprire la porta della comprensione di tutto ciò che ci circonda.

E ieri, nella cornice dei chiostri di San Pietro, Sergio Rabitti ha aperto il cuore come in una chiacchierata fra amici, esprimendo se stesso e illustrando la sua vocazione naturale: quella di un disincantato Peter Pan che con le sue “educate provocazioni” ci fa cogliere le ambiguità, le contraddizioni, i luoghi comuni che, volenti e nolenti, condizionano la nostra percezione della realtà.