La Procura di Reggio Emilia ha indagato 14 agenti coinvolti a vario titolo per aver pestato, torturato, denudato e umiliato un detenuto tunisino 40enne a cui fu certificata una prognosi di 20 giorni per lesioni.
Il giudice per le indagini preliminari Luca Ramponi ha accolto la qualificazione dei reati ipotizzata dal pubblico ministero titolare dell’inchiesta Maria Rita Pantani: il più grave, la tortura, indicato anche nell’esposto presentato dal detenuto. Disposte le misure cautelari per 10 di loro, mentre 8 agenti sono stati sospesi dell’esercizio di un pubblico ufficio e servizio per un anno, accusati di tortura. Per 5 indagati disposto l’obbligo di firma.
“Dalle indagini svolte è emerso che la dinamica dei fatti corrispondeva a quella raccontata dal detenuto. I riscontri sono venuti dalle telecamere interne del carcere e dalle testimonianze di altri detenuti e operatori che hanno assistito ad alcune fasi del pestaggio”, ha detto il Procuratore Paci.
Stando a quanto emerso dalle indagini, il detenuto era uscito dalla stanza del direttore, dopo che per lui era scattato un provvedimento in seguito a condotte offensive che violavano il regolamento del carcere ed era stato sanzionato con l’isolamento. Mentre andava verso la cella di isolamento, le telecamere hanno ripreso come sia stato incappucciato con la federa di un cuscino, messo a terra con uno sgambetto e preso a pugni e pedate, poi trattenuto pancia a terra per gli arti superiori e inferiori.
“Gli agenti -evidenzia Paci- hanno camminato sopra di lui con gli scarponi d’ordinanza, per immobilizzarlo al di fuori di ogni norma consentita. Non è stata registrata alcuna opposizione né resistenza all’ordine dell’isolamento. Alcuni agenti stavano sopra di lui e gli sferravano pugni al volto e al costato”. Prima di portarlo dentro la cella d’isolamento “l’uomo è stato sollevato a mezz’aria, sempre col cappuccio che gli impediva di respirare, e del tutto denudato, con gli abiti lasciati in corridoio”.
Tre agenti hanno scritto che il detenuto aveva opposto resistenza e aveva lamette per reagire contro il personale: ma non sono state trovate e non vi è alcun riscontro, per questo sono stati denunciati per falso in atto pubblico.
Una brutta pagina di storia avvenuta all’interno del carcere di Reggio Emilia dove sono state usate modalità disumanizzanti, degradanti, contro la dignità umana.