Sono diversi i reggiani che da anni hanno fatto una scelta particolare dando il proprio sostegno all’Esercito di Israele. Sono reggiani cristiani innamorati innanzitutto della Terra Santa, i luoghi percorsi da Gesù: da Betlemme, Nazaret, la Galilea e Gerusalemme che ogni anno si recano in quelle terre dedicando il proprio tempo per una causa.
Si tratta dei “riservisti”, ovvero coloro che fanno parte delle “Forze di Difesa d’Israele” (dette anche Thasal), formate dai militari di professione, ragazzi e ragazze che fanno il servizio di leva e da uomini o donne -israeliani o non israeliani- provenienti da qualsiasi parte del mondo.
Fra questi anche Ariel (ndr: il nome è di fantasia a tutela dell’intervistata), professionista reggiana 40enne che una volta all’anno prende il volo per dare il proprio contributo -gratuitamente, anzi, a proprie spese- ad Israele. Reggio Focus l’ha intervistata.
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Ariel, parlaci di te.
Mi chiamo Ariel, ho 40anni, sono nata e vivo nella provincia di Reggio Emilia, sono una libera professionista, sposata e con un figlio di 16 anni. Amo la vita, i miei cari, gli animali, tutto ciò che ci ha donato il creato. Mi sono progressivamente disaffezionata al mio Paese e sempre più innamorata di Israele.
Perchè ti sei disaffezionata all’Italia?
Perchè da diversi anni l’Italia ha iniziato un declino vertiginoso che trova origine in un declino valoriale che ha intaccato praticamente tutti gli ambiti sociali, a partire dalla politica, istruzione, giustizia, sanità, volontariato… Non dico che è tutto marcio, per carità. Anzi, per fortuna esistono ancora persone straordinarie in tutti i settori, ma sono una minoranza, schiacciata da un marciume che avanza e che è destinato a crescere ulteriormente, fino a portare l’Italia in ginocchio.
La situazione politica italiana costantemente incerta è un’importante cartina di tornasole di un paese che manca di stabilità e fondamenta solide.
Cosa ti ha spinta ad avvicinarti ad Israele?
Prima di rispondere devo fare una premessa: per carattere non temo nulla, credo più per incoscienza che per altro, ma una cosa mina costantemente ogni giorno la mia sicurezza interiore, ed è il terrorismo che l’Isis sta diffondendo nel mondo e che a mio avviso in Italia viene sottovalutato. Allora ho pensato che il modo migliore per combatterlo è dare una mano all’esercito numero uno al mondo: l’esercito di Israele.
Perchè sostieni che in Italia il terrorismo è sottovalutato?
Le forze dell’ordine sono impegnate quotidianamente sul campo a difesa della sicurezza. Ecco, alle forze dell’ordine, a poliziotti e carabinieri a volte dovrebbero dare delle medaglie d’oro. Con stipendi bassi, spesso rischiano la propria vita per garantire la sicurezza dei cittadini, senza i necessari mezzi a disposizione.
Magari non ci sono i soldi per dare a tutti un giubbotto antiproiettile omologato, o i soldi per la benzina necessaria alle auto che inseguono i criminali, o i pagamenti degli straordinari. Però da un’altra parte ci sono politici e gente corrotta che utilizza vergognosamente i soldi dei cittadini per cose che spesso sono finite in inchieste giudiziarie. A tutto questo va aggiunta un’immigrazione incontrollata che fa entrare chiunque nelle nostre terre, anche inconsapevolmente potenziali cellule di terrorismo. Io sono molto preoccupata, specialmente per il nord Italia.
Cosa ti piace in particolare di Israele?
Innanzitutto là c’è un’efficienza che qui ce la sogniamo. Gli israeliani magari trascurano l’apparenza, ma la sostanza c’è tutta. Ti faccio un esempio. Vedi dall’esterno un ospedale che appare come un edificio non curato e con i muri sporchi, poi scopri che dentro ci lavorano scienziati ed eccellenze a livello mondiale.
La gente è vestita in modo sobrio, ma quando parli con loro, capisci subito che il più delle volte ti confronti con persone che hanno un livello culturale e intellettuale decisamente elevato, a prescindere dallo status economico-sociale. Anche i ragazzi e le ragazze, a 18 anni posseggono un bagaglio culturale equivalente forse ai nostri 60enni. Là l’istruzione è davvero formativa per tutti.
Poi sei diventata una riservista nell’Esercito di Israele a tutti gli effetti.
Esatto.
Chi sono i riservisti?
Le “Forze di Difesa d’Israele” (dette anche Thasal) sono formate dai militari di professione che però sono una minima parte, e dai ragazzi e ragazze che fanno il servizio di leva e che hanno circa dai 18 ai 21 anni. Ma la parte principale la fanno appunto i riservisti, che possono essere israeliani oppure provenienti da qualsiasi parte del mondo.
Fra i riservisti la percentuale maggiore la ricoprono gli israeliani. I riservisti decidono volontariamente di lasciare le proprie famiglie e il proprio lavoro per un determinato periodo, a seconda della disponibilità, che può essere di un mese, di due, fino anche a un anno intero. Durante questo periodo svolgono le mansioni che vengono richieste e aiutano lo Stato di Israele.
Nessun compenso?
Assolutamente no. E’ tutto volontario al 100%. Quando vado a fare servizio in Israele pago di tasca mia il volo, poi là dò una cifra simbolica per coprire le spese di vitto e alloggio in caserma. L’unico “benefit” è che se poi voglio girare da sola per Israele, posso essere ospitata gratis nelle case dei militari. Ma è un’opportunità che non ho mai sfruttato, perchè quando giro per Israele una volta terminato il servizio al campo militare, preferisco dormire negli hotel o b&b. Detto questo, nel tempo sono nate solide amicizie e qualche volta sono stata ospite in famiglie israeliane.
Quante volte vai in Israele per servizio?
Mediamente una volta all’anno.
Di cosa ti occupi durante il tuo servizio?
Dipende. Mi dicono dove c’è bisogno solo quando raggiungo il campo militare.
Utilizzi le armi?
Finora no, mi sono quasi sempre occupata di situazioni sanitarie, sono stata negli ospedali e fra i civili, ma mi hanno detto che una delle prossime volte farò un corso per imparare a sparare con le loro armi. Pensa che non solo in Italia non posseggo un’arma, ma non ne ho mai usata nemmeno una in vita mia. Comunque le armi e, aggiungo, i sistemi informatici israeliani, sono i più avanzati del mondo.
Sei disposta a usare le armi per difendere Israele?
Non ho mai pensato di uccidere nessuno in vita mia e ho chiesto espressamente di dare il mio contributo in basi militari dove non dovrò mai nemmeno fare una scelta di quel tipo. Ma Israele ormai fa parte della mia vita a tutti gli effetti. E’ uno Stato del quale va assolutamente difesa l’esistenza, l’integrità territoriale e la sovranità combattendo ogni forma di terrorismo che minacci Israele, ma anche il mondo. Se mi trovassi di fronte un terrorista dell’Isis intenzionato ad uccidere, non esisterei a fare la stessa cosa.
Sei ebrea?
No, sono cristiana. Ma a messa ci vado poco. Ci sono dei preti che fanno dormire durante la predica e mi viene un nervoso pazzesco, perchè potrebbero diffondere il messaggio del Vangelo molto meglio di quanto fanno. Comunque, anche se non sono ebrea, i miei più cari amici lo sono e la loro amicizia mi ha permesso di essere una persona migliore. Che sia chiaro, ebreo non significa automaticamente israeliano, né viceversa.
Cosa ti spinge a lottare per Israele al fianco dei militari israeliani?
Mi spinge la non sottovalutazione dell’estremismo islamico -diffuso anche in Italia, ma qui, come ho detto prima, pare che a nessuno importi, a partire dai partiti-, ma anche la necessità di difendere un grande Stato da chi vuole eliminarlo.
Sembra che Israele faccia parte di te. Se dovessi scegliere oggi fra Italia e Israele?
Ah, sarebbe un casino. Io amo Israele, ma amo anche l’Italia e le mie radici sono qui. Credo che nella vita si possano amare profondamente allo stesso modo entrambe le realtà.
-Marina Bortolani-