L’omicidio di Aldo Silingardi, avvenuto il 9 luglio 2012 a Correggio, era rimasto senza colpevoli. Per anni il caso era considerato un cold case, fino a quando i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Reggio Emilia, insieme alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia – sotto la guida del Procuratore Gaetano Calogero Paci – hanno richiesto e ottenuto la riapertura delle indagini, coordinate dal Pubblico Ministero Maria Rita Pantani.
Le nuove indagini si sono subito concentrate su un’impronta palmare rilevata, durante il sopralluogo, su una gamba del tavolo in legno utilizzato come arma del delitto. All’epoca, non fu possibile attribuirla a nessuno, poiché i confronti effettuati con i sospettati diedero esito negativo.
Grazie al fondamentale supporto del Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS) di Parma, le indagini si sono focalizzate su quell’impronta, allo scopo di accertare se fosse stata lasciata dall’assassino o se risalisse a un periodo antecedente all’omicidio. Le analisi condotte dalla Sezione Impronte del RIS hanno prima confermato in modo certo e definitivo che l’impronta era stata lasciata proprio da chi aveva impugnato la gamba del tavolo per colpire la vittima; successivamente, hanno consentito l’identificazione del presunto autore del delitto, nel frattempo fotosegnalato per altri reati.
Gli esperti del RIS avevano inserito periodicamente l’impronta nella banca dati A.P.F.I.S. (Automated Palmprint & Fingerprint Identification System), confrontandola con quelle di altri soggetti sottoposti a indagini in contesti diversi. Nonostante quasi 70 comparazioni effettuate nel corso degli anni, l’esito era sempre stato negativo.
La svolta è arrivata lo scorso 10 aprile, quasi 13 anni dopo i fatti: l’impronta è stata identificata come appartenente a un giovane di origini marocchine, all’epoca 24enne e residente nei pressi dell’abitazione della vittima. Le analisi hanno escluso che l’impronta fosse stata lasciata in un momento successivo al delitto e ne hanno confermato la corrispondenza con i rilievi fotosegnaletici dell’indagato.
Secondo la ricostruzione accusatoria, il giovane si sarebbe introdotto nell’abitazione dell’anziano per derubarlo. Una volta scoperto, avrebbe reagito con estrema violenza, colpendo ripetutamente la vittima con diversi oggetti presenti in casa, inseguendolo per le stanze e infierendo su di lui anche quando era ormai a terra, per poi fuggire con il portafoglio.
Da accertamenti è emerso che l’indagato era noto per atteggiamenti violenti e frequenti stati di ubriachezza.
Alla luce dei nuovi elementi, la Procura della Repubblica di Reggio Emilia, condividendo le conclusioni investigative dei Carabinieri del Nucleo Investigativo e del RIS di Parma, ha richiesto al Tribunale di Reggio Emilia l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il GIP ha però respinto la richiesta. La Procura ha quindi presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Bologna – Sezione Impugnazioni Cautelari e Penali – reiterando la richiesta di applicazione della misura cautelare.
Il Tribunale del Riesame ha accolto il ricorso, disponendo la custodia cautelare in carcere nei confronti del 37enne, ritenendola l’unico strumento idoneo a garantire le esigenze cautelari, in considerazione della gravità del fatto, della pericolosità sociale dell’indagato e del concreto pericolo di fuga.
L’esecuzione della misura cautelare resta al momento sospesa, in attesa che la decisione diventi definitiva.